Il centro episcopale di Metz


Esempio di questa fase legata a Pipino il breve è la chiesa episcopale della città di Metz, un’antica città gallo-romana e capitale dell’Austrasia merovingia, attraversò un periodo di grande importanza in epoca carolingia ed in particolare negli anni in cui Crodegango diresse la diocesi (dal 742 al 754); durante questo periodo si evidenzia una netta distinzione tra il clero benedettino e quello di città, in genere quello di città si concentrava nella zona episcopale, la sua funzione in genere era quella di esigere le decime che ogni anno dovevano versare.
Questa situazione generale richiedeva una sorta di riforma all’interno dell’ordine in modo da richiamare la regola originale di San Benedetto, per questa ragione Crodegango emana la regola dei canonici, rivolta al clero di città, in cui era contenuta una serie di dettami che imponeva regole di vita simili al clero di campagna (erano obbligati a dedicarsi esclusivamente ad offici religiosi). Il clero episcopale si vedeva esautorato di tutta una serie di privilegi ma la sua forza era tale da imporre nella città in cui si trovava, gli altri vescovi prima di adottarla dovettero aspettare un po di tempo.
Per accrescere i valori della sua riforma modifica l’assetto della città con la ricostruzione di chiese esistenti e quella di chiese nuove con l’intento di estendere la liturgia stazionare nell’intera città, in questo caso la le stazioni erano le stesse chiese della città (la città risultava quindi molto importante, una specie di città sacra fortificata). Questa sistemazione intorno alla cattedrale porta come conseguenze lo spostamento della zona residenziale a ridosso delle mura (tra l’altro la città diventò un polo di attrazione spirituale fortissimo poiché era additata come la diocesi tangibile della liturgia stazionaria). 
Il centro episcopale gravitava attorno alla chiesa di Santo Stefano, secondo la regola canonicorum il centro sarebbe stato costituito da due parti: la domus ed il claustra; la domus comprendeva la vera e propria abitazione del vescovo e le tre principali chiese (Santo Stefano, Santa Maria e San Pietro Maggiore); il claustra comprendeva invece gli ambienti dedicati al clero canonico e al personale di servizio, raggruppati attorno al chiostro (il refettorio, la zona riscaldata, la cucina, il dormitorio e le camere), le fonti indicano altre chiese situate nella città di notevole importanza, le quali comunicavano direttamente con il claustra (la basilica di San Pietro il vecchio, San Paolo, San Pietro Maggiore, eccetera).
La cattedrale di Santo Stefano, in origine una semplice chiesa crociforme, venne ristrutturata da Crodegango, il quale aggiunse un coro formato da un’abside semicircolare; la chiesa di Santa Maria aveva probabilmente una forma circolare od ottagonale, mentre la basilica di San Pietro Maggiore a tre navate, venne ristrutturata da Crodegango, con l’inserimento di un coro absidato.
L’assetto urbano attuale ha modificato quello antico, la disposizione del chiostro è una delle prime che vediamo attuate e che daranno la forma all’insediamento monastico vero e proprio, diventerà un’elemento fisso che verrà rispettato anche in epoca cluniacense (chiostro quadrato della parte orientale). Intorno c’è la sala cardinale il dormitorio e anche gli ospizi e gli ospedali, che esistevano per accogliere i fedeli che provenivano anche da terre lontana (chiamati anche diaconile, che erano delle istituzioni il cui scopo era dare assistenza ai fedeli che provenivano da terre lontane); queste erano necessariamente uffici religiosi e si distinguevano dai senodochi che erano invece una sorta di ospizio per i poveri, dove venivano accolti i fedeli più poveri.
Entrambi non sono istituzioni nuove ma una trasmigrazione di modelli romani in aree franche, molte volte si trasformano anche in chiese in epoche successive (tutto quello apparso a Roma viene ripetuto in terra franca). La disposizione del monastero fissa una regola con tutti gli edifici funzionali alla vita dell’abbazia impostati intorno al chiostro.
Interessante la transenna o iconostasi in questa chiesa appare questo cancello scolpito in pietro, realizzato da maestranze italiane ce si spostano per insegnare ai scultori locali (ben presto acquistano autonomia tanto da superate i modelli di riferimento).

Questi due grandi episodi rappresentano la prima fase dell’età carolingia, sono un periodo di formazione in cui sono gettate la basi di quella che sarà l’architettura carolingia del regno successivo; sopratutto questo periodo incrementato tutte quella attività politiche legate alla diffusione dell’architettura stazionaria e delle reliquie; insieme con questa aspirazione di permeare questa architettura di una ideologia che portava all’origine dei regno di Costantino, per questo tutta l’architettura legata a San Pietro continua questo percorso, è la chiesa che deve essere imitata per suffragare l’idea dei carolingi.

La morte di Pipino il beve lascia una eredità ricca di presupposti che andavano esaltati attraverso un programma più comunicativo (una architettura di corte che deve comunicare questa idea della renovatio imperi), per questo ci vuole il riferimento all’epoca dell’impero romano. Carlo raccoglie l’eredità paterna e decide la fondazione di numerose chiese, in quanto aveva creato la figura del vescovo-conte, in quanto essendo dei religiosi non avevano eredi e quindi alla loro morte il potere tornava centrale. Questo spiega perché con Carlo quasi tutte le città diventano centri episcopali e si assiste ad una grande diffusione di chiese cattedrali in tutto l’impero. I monumenti carolingi sono moltissimi, animati da queste finalità politiche; tra le opere più importanti, prima di dedicarsi alla creazione del suo palazzo, dobbiamo segnalare il progetto dell’abbazia di Lorsch costruita nel periodo di transizione tra il regno di Pipino il breve e di Carlo Magno.

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