L’architettura asturiana


Nel 711 la Spagna viene invasa dai popoli arabi conquistando quasi tutta la penisola rendendosi indipendenti da Damasco, anche perché la situazione della Spagna visigotica era molto precaria. L’autonomia viene sancita con la consacrazione dell’emirato di Cordoba istituito nel 756 e governeranno per moltissimo tempo, fino alla caduta di Granada nel 1492. I cristiani sono costretti a rifugiarsi nella parte settentrionale nella regione delle Asturie, si forma quindi questo piccolo regno e viene posto al trono Pelagio; pian piano il regno si ingrandisce con l‘aggiunta di popolazioni indigene che rifiutavano la sudditanza araba. Si comincia ad organizzare questo gruppo in maniera organica sia dal punto di vista costitutivo che politico, certamente non si tratta di un periodo che favorisce l’attività costruttiva; si comincia ad avere un periodo di serenità con Alfonso II, che diventa re nel 791, il quale persegue una politica espansionista che porta alla conquista di territori, formano un territorio di modeste dimensioni che porta un contributo notevole all’economia del luogo che comincia ad affacciarsi alla ribalta politica.
Per queste ragioni il re riesce a proporre un’attività edilizia notevole, per questo assume come centro la città di Oviedo, che diventa capitale del regno delle Asturie, per questo viene costruita una cittadella regia, la quale comprende oltre che il palazzo imperiale anche una serie di edifici religiosi. Il suo regno e molto lungo e questo gli permette di creare architetture anche nelle zone circostanti, si tratta di architetture che mostrano caratteristiche molto peculiari che in parte assorbono le tradizioni visigote e in parte guardano all’architettura carolingia (come il culto delle reliquie, la cerimonia stazionaria e sopratutto l’imitazione del westwerk), in quanto era quella più nota.
In questo primo momento si assiste ad un’architettura di elaborazione, che vive di rendita sulla base di un’architettura locale e di una architettura importata; incomincia ad avere un’autonomia con il secondo re Ramiro I (842-850), responsabile di due grandissime costruzioni, in cui si assiste all’autonomia artistica rivolta alla realizzazione di strutture fortemente articolate (è un momento in cui si sperimentano strutture voltate che danno origine a strutture particolari), inoltre si tratta di un’architettura che si distingue per la ricchezza decorativa poiché vengono riesumati motivi della tradizione visigota, araba, ma anche motivi di provenienza orientale perché per un certo periodo la Spagna meridionale venne occupata dai Bizantini.
Con la morte di Alfonso III termina il periodo del regno asturiano in quanto si frantuma, in questa fase l’architettura locale viene fortemente influenzata da quella islamica e la fusione da luogo alla cosiddetta architettura mozarabica.

Abbiamo sottolineato come l’importanza dell’architettura carolingia è il fatto che presenta alcune premesse fondamentali che saranno poi riprese dall’architettura romanica a partire dalla fine dell’XI secolo; però tra l’architettura carolingia e quella romanica si trovano alcuni episodi importanti che si sviluppano nelle aree che si formano dopo la frattura del regno carolingio (in seguito alla morte di Carlo il Grosso nel 888).
Quando muore Carlo il Grosso, ultimo erede della dinastia carolingia, l’Europa subisce una sorta di trauma, in quanto la geografia politica viene notevolmente modificata e si assiste alla nascita di una serie di entità statali che assumono una notevole autonomia, sulla scia di quelle tendenze che si erano manifestate già nel periodo carolingia (abbiamo già detto come il regno di Carlo Magno era riuscito a tenere in maniera salda l’unità dell’impero, ma che aveva iniziato a disgregarsi sotto Ludovico il Pio ed il fratello).
Già della seconda metà del IX secolo si assiste a questo processo di disgregazione dell’impero carolingio con la nascita di tendenze particolari che si sviluppano all’interno di questi nuovi stati, con la conseguente chiusura verso quello slancio creativo che aveva contraddistinto il periodo precedente.
In conseguenza a queste disgregazione si formano due entità politiche molto forti che giocano un ruolo importante nell’Europa del X secolo, da una parte l’impero di Sassonia (già agli inizi del X secolo) ed il regno di Francia (con i Capetingi nel 986); insieme con queste due entità un’altro territorio intorno alla contea di Barcellona (che era stato possedimento carolingio) sviluppa un’architettura particolare che si differenzia sia da quella del regno di Francia che da quella Sassone, si tratta di un’architettura più legata alle esperienze lombarde e dell’Italia settentrionale (infatti molti modi compositivi lombardi e piemontesi si spostano attraverso la Provenza e la lingua d’oca nella contea di Barcellona).
Queste tre entità statali sono quelle che nel X secolo giocano un ruolo fondamentale non processo di formazione dell’architettura romanica, già l’architettura carolingia aveva gettato delle premesse e quindi questi tre territori raccolgono in maniera diversificata questa eredità e sviluppano alcuni aspetti che vengono tradotti in termini architettonici con soluzioni singolari, che poi verrano tutte unificate dall’azione esercitata dai monaci cluniacensi, i quali danno luogo ad un processo di sintesi formano una architettura unitaria che va sotto il nome di cluniacense, un’architettura che diventa costante punto di riferimento per le esperienze romaniche.
Evidentemente queste esperienze che si sviluppano nelle tre aree non sono nettamente indipendenti ma esistono delle relazioni piuttosto dirette tra i vari stati e sopratutto sono accomunati dalla fede cristiana, che costituisce da elemento saldante, in quanto tutte e tre appoggiano la politica papale così come è avvenuto per i carolingi. Quindi è un momento di grande intreccio di culture che vede lo scambio di esperienze favorite dal movimento dei monaci che si spostano da un monastero all’altro e in questo movimento portano ricordi e suggestioni dei monasteri in cui hanno vissuto.


Lo sviluppo dell’attività edilizia nella penisola iberica del VIII al X secolo risulta nel suo insieme sostanzialmente unitario, sia nella definizione die tipi edilizi che nella determinazione dei sistemi statico-costruttivi, è perciò tale da generare una continuità di risoluzioni architettoniche, sia pure tradizionalmente distinta in tre periodi successivi: l’architettura dei Visigoti, quella asturiana e quella mozarabica.
La liberazione della Asturie dal dominio arabo da parte di Alfonso I il Cattolico (739-757) realizza le condizioni per l’avviamento e lo sviluppo dell’attività edilizia; si tratta di costruzioni che mantengono caratteri dei monumenti visigoti , quali specialmente l’uso delle murature continue, di forte spessore e dotate di piccole aperture, l’adozione del presbiterio a fondo piatto, la casualità degli esterni, la copertura a volta
L’antica capitale di Oviedo presenta alcuni edifici importanti: risalente al periodo di Alfonso II (791-842) troviamo la basilica di San Julian de los Prados, organismo a tre navate si pilastri quadrati, transetto continuo, triplice presbiterio a fondo piatto, copertura a tetto, interamente decorata con dipinti che richiamano la pittura illusionistica romana e protobizantina.
Diverso in tutto è San Miguel del Lillo (842-850), risalente al regno di Ramiro I (842-850), il quale realizza una risoluzione architettonica che potrebbe essere definita preromanica: tre navi coperte con volte a botte ad anelli su colonne isolate, con rilevante sviluppo in altezza (1:3).
Più tarda è sicuramente Santa Cristina de Lena (905), risalente al periodo di Ordone I (850-866), che nell’interno è articolata su due livelli, con presbiterio fortemente rialzato e delimitato da una iconostasi a tre archi su colonne, di età mozarabica.
La soluzione architettonica fissata in San Miguel del Lillo (atrio autonomo con vani laterali, tre navi, triplice presbiterio a fondo piatto, assenza di transetto, corpi minori aggiunti in corrispondenza dell’ultima campata della navata) è adottata anche a San Salvador de Priesca (921), questa riprende nel proprio interno lo straordinario proporzionamento dei vani delle navate, altissime ed anguste (1:3), sviluppando forme semplici e vigorose e nel contempo grevi e possenti.
E’ in generale in queste ed in altre chiese asturiane che si sviluppa la tendenza ad ignorare la composizione delle fronti esterne, dotandole di una forma architettonica adeguata alla qualità degli interni (contrafforti brutalmente addossati alle pareti di perimetro e corpi di fabbrica minori, a blocchi, non indispensabili alla funzione visiva defli esterni).
Infine, monumento veramente singolare è Santa Maria de Naranco (consacrata nell‘848) presso Oviedo, sorta come edificio di rappresentanza civile e poi trasformata in chiesa, costituita da un’aula sopraelevata, coperta da una volta a botte ad anelli, e con due logge di testata, in questo interno essa introduce il motivo delle arcate a muro, qui sopra esili colonne binate, quale elemento diretto a dare un’articolazione completa all’immagine architettonica.
Gli utimi decenni del IX secolo segnano l’esaurimento dell’architettura sturiana e contemporaneamente registrano l’avvento di quella mozarabica, la quale rappresenta l’ultimo ciclo autonomo della cultura artistica della penisola iberica, precedente al processo unificatore della culture romanica.
Il temine mozarabico è utilizzato in genere per indicare la culture figurativa ed architettonica delle collettività cristiane vissute in Spagna sotto la dominazione araba, quella dal X all’XI secolo nei regni di Leon, Castiglia ed Aragona; nello sviluppo dell’architettura mozarabica la costruzione delle chiese mostra una grande varietà di soluzioni nella struttura e nella forma dell’impianto, la copertura a volta, costantemente usata nella penisola dal VII all’XI secolo, continua per tutto l’Alto Medioevo, tipico di una
mentalità dell’edificio chiesastico con qualità strutturali ed insieme formali; da qui l’adozione di intere copertura a volta, dirette ad assicurare all’organismo edilizio assoluta solidità e continuità. 

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