L'architettura carolingia da Carlo Magno a Carlo il Grosso


Abbiamo visto come l’architettura carolingia si configura in maniera netta, caratterizzata da una ideologia politica molto evidente; abbiamo anche visto come l’introduzione della liturgia stazionaria romana e del culto delle reliquie aveva aumentato il quadro generale non solo delle credenze del paese ma anche l’organizzazione episcopale, in quanto molti vescovati vengono organizzati per promuovere l’introduzione della religione. Nell’opera di organizzazione di questo clero la regola introdotta da Crodegango costituisce un fatto nuoto nell’organizzazione monastica del periodo, poiché sino ad allora c’era una sorta di distorsione, in quanto il clero della città praticava una religione cristiana più blanda e meno legata al lavoro (tutto era basato sul binomio benedettino “ora et labora”), ma sopratutto godeva di una grande autonomia che il clero di campagna non aveva.
Quindi c’era tutta una serie di situazioni complicate, ma grazie all’azione da una parte di Crodegango e dall’altra di Fulgrado, si assiste ad una sistematica riorganizzazione della chiesa carolingia; le difficoltà principali in quest’opera erano la scarsa conoscenza della liturgia romana e di quei mezzi che facilitavano la liturgia.

Il merito di Carlo Magno (figlio di Pipino III) è di trasformare il regno del padre in un’impero, poiché conquista quasi tutta l’Europa, il suo impero era un territorio vastissimo e per questo richiedeva un controllo molto efficiente. Il periodo di Carlo Magno lo possiamo considerarlo come quello nel quale le premesse del padre vengono sviluppate in maniera più grande, assumendo una portate storica notevole. Cioè i presupposti generali, che siano essi politici, economici, ma anche artistici assumono una dimensione di grande portata (quindi l’architettura si delinea in questo senso di maggiore monumentalità, in relazione a questo suo intendo comunicativo che presenta le solite premesse ideologiche della renovatio imperi, nel caso precedente erano solo apparse delle tendenze che Pipino non era riuscito a concretizzare).
Abbiamo visto nell’abbazia di Lorsch (che possiamo considera una architettura di transizione tra la fase di Pipino III e Carlo Magno) come si confermano queste indicazioni, ma appare anche in questo momento la volontà di evidenziare, all’interno della componente romana, alcuni elementi della tradizione locale, in quanto non tradisce la fiducia del papa e nello stesso tempo dimostra di essere altrettanto potente da non sottostare alla politica papale (compreso nel settore artistico).
Carlo Magno inoltre allarga questo quadro di riferimento anche a territori non prettamente romani (sempre del periodo paleocristiano e costantiniano, ma non limitata esclusivamente a Roma), allargando per esempio i riferimenti in area adriatica ed architetture orientali (sopratutto costantinopolitane). Questo allargamento sottende una intenzione politica, perché questo suo ampliamento indica che voleva diventare imperatore sia d’occidente che d’oriente.
  1. L'abbazia di Fulda
  2. L'abbazia di Centula
  3. Oratorio del San Salvatore a Saint-Germigny des Prés
  4. Complesso Monastico di Sangallo
  5. Cattedrale di San Pietro e Paolo a Colonia
  6. Il Westwerk di Corvey
La fine dell'architettura Carolingia

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